La famiglia

 8.2 La famiglia

Questo è il capitolo 8.2 del “Manuale per la Formazione IN Counseling”, scritto da Domenico Nigro, direttore della Scuola IN Counseling – Lo Specchio Magico Torino.

“Elemento naturale, indispensabile, della vita umana è la dimensione sociale”, è questo il principio da cui originano le analisi, le riflessioni, le argomentazioni proposte nei capitoli, del presente manuale, dedicati a “La natura sociale dell’esistenza umana e le sue forme”.

Come forma della natura sociale dell’esistenza umana, la famiglia merita un’attenzione particolare, per la sua importanza in materia di:

  1. Funzioni culturali svolte (formazione delle strutture morali, emotive e comportamentali, che caratterizzano l’esistenza di noi tutti, come singoli individui).
  2. Funzioni sociali svolte (mutua assistenza e cura, protezione, supporto economico, educazione dei minori, ecc.).
  3. Funzioni psicologiche svolte (sviluppo delle “forme di attaccamento” e dei “modelli operativi interni”, vedi capitolo 7.2, “L’infanzia. Lo sviluppo psicosessuale e psicosociale. La teoria dell’attaccamento e i Modelli Operativi Interni.”).

Per dare uno sfondo storico all’analisi sulla famiglia che qui proponiamo, partiamo da una considerazione linguistico/semantica e rivolgiamo l’attenzione alla parola stessa, al suo derivare dal termine latino famĭlia, a sua volta derivante da famŭlus (servitore, domestico).

Col termine Famĭlia, nell’antica Roma, si designava l’insieme degli schiavi e dei servi viventi in una stessa casa, al servizio di stessi padroni; col tempo, il termine famĭlia finì col riferirsi all’insieme delle persone conviventi in una stessa casa, legate da un qualche vincolo parentale e/o da una qualche forma di servitù o di collaborazione/dipendenza sociale.

Con uno sguardo socio-antropologico, oggi, possiamo considerare “famiglia” ogni insieme di persone, pur diversamente caratterizzato nelle varie situazioni storico-geografiche, i cui membri siano legati, stabilmente, da una qualche forma di convivenza, di parentela e/o di reciprocità sociale, di genere affettivo e/o transazionale (non solo in senso psicologico, soprattutto in riferimento allo scambio di beni e/o servizi).

Per meglio comprendere il significato, l’utilità e il senso del concetto di famiglia che vogliamo qui evidenziare, estrapolandola dal Vocabolario Treccani della lingua italiana, presentiamo una panoramica dei tipi di famiglia esistiti/esistenti nel corso degli ultimi secoli della nostra storia, così da poterci fare una prima idea sulla varietà possibile di strutture sociali inquadrabili nel concetto di famiglia:

Famiglia patriarcale, quella che, nei sistemi di discendenza patrilineari, risponde all’autorità dell’ascendente più anziano (detto patriarca), per cui, in molte società, essa costituisce un’unità politica (analoga organizzazione non si riscontra nei sistemi di discendenza matrilineare, anche se il matriarcato rappresenta un’interpretazione teorica senza corrispondenza etnologica e storica); 

Famiglia allargata, nucleo familiare costituito, oltre che da genitori e figli, anche da soggetti non legati da vincoli parentali e di consanguineità (ad esempio: famiglie composte da genitori con figli avuti da precedenti unioni); la famiglia allargata si distingue da quella estesa e da quella nucleare;

Famiglia estesa (in contrapposizione a quella nucleare), unità composta da più famiglie, imparentate genealogicamente: padri, figli, figli dei figli;

Famiglia nucleare (o elementare), quella costituita dal solo nucleo fondamentale, ossia padre, madre e figli, o anche soltanto marito e moglie; 

Famiglia ristretta, genericamente gruppo familiare di dimensione esigua, sia che si tratti di famiglia nucleare in senso proprio, sia che includa componenti non legati da vincoli di parentela (ad esempio una famiglia composta da soli fratelli/sorelle, con eventuale prole); 

Famiglia grande, gruppo familiare visto nella sua più ampia dimensione – i cui membri non hanno, necessariamente, una residenza comune –, comprendente, oltre a persone genealogicamente e/o parentalmente legate, anche persone di servizio, ospiti, ecc.;

Famiglia poliginica, quando un uomo ha, nello stesso tempo, un vincolo matrimoniale con più donne; 

Famiglia poliandrica, quando una donna ha, nello stesso tempo, un vincolo matrimoniale con più uomini;

Famiglia monogamica o poligamica, secondo che il gruppo familiare sia fondato su uno o su più vincoli matrimoniali.

Chiaramente, come ogni struttura sociale, e forse più di ogni altra, la famiglia assume forme, e contenuti, che sono in stretta correlazione alle condizioni materiali, storiche – sociali – culturali, esistenti, con particolare riferimento ai sistemi economici in corso e alle collegate dinamiche produttive e commerciali.

Esempio: in un’economia contadina, centrata sull’autoconsumo, famiglie numerose offrono la forza lavoro necessaria per provvedere al sostentamento dei propri membri, ecco allora che predomina il modello della famiglia estesa, ecco allora che i figli “servono” all’economia familiare, ecco allora tutti i condizionamenti che questo comporta per i loro destini.

Uguale condizionamento si evidenzia in condizioni opposte. La famiglia nucleare, ristretta, funzionale ai sistemi produttivi di questa nostra società post-industriale, in cui i figli non servono all’economia familiare, ma sono fonte di consumi sempre più elevati, condiziona comunque il destino dei figli, sicuramente in modi diversi, ma sempre funzionalmente collegati alle necessità dell’ordine sociale esistente.

Insomma, il collegamento forme sociali – economia – cultura è inscindibile e le forme di famiglia rispecchiano tale collegamento.

Ecco, allora, sempre a mo’ d’esempi, che possiamo aggiungere alla panoramica di famiglie già presentate, quella ruralecontadina, colonica, urbanaoperaiaborghese, ecc., oppure, considerando la correlazione tra condizioni socio-economiche e declinazioni culturali, quella “di fatto” (unioni stabili tra persone non sposate), omosessuale (unioni civili- giuridiche tra persone omosessuali, senza figli) e arcobaleno (unioni civili-giuridiche tra persone omosessuali, con figli) e, se già non ne stiamo dimenticando qualcuna, sicuramente altre si affacceranno alla ribalta sociale.

Sotto l’aspetto antropologico e sociologico, la famiglia si definisce come gruppo sociale caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica e dalla riproduzione, non solo biologica.

La famiglia, infatti, è l’istituto sociale che più di ogni altro mantiene in vita, riproducendoli e conservandoli, i mondi ideali/valoriali, gli atteggiamenti comportamentali e gli stati d’animo, i modi di sentire e di percepire il mondo su cui poggiano le vite delle singole persone, caratterizzandone il loro vivere sociale.

Fritz Perls rileva quanto lo stesso concetto/senso di ciò che consideriamo giusto o sbagliato dipenda da quanto abbiamo appreso nelle nostre famiglie di origine, fino ad affermare che consideriamo giusto ciò che per noi è “familiare” e sbagliato ciò che non lo è.

Insomma, nell’esistenza di tutti, la famiglia d’origine, quella in cui nasciamo e viviamo la prima parte della nostra vita, produce un “marchio”, che può diventare indelebile e immutabile, se non si sviluppano condizioni sociali diverse e/o non ci orientiamo noi, singolarmente e/o collettivamente, verso nuove, diverse, esperienze in grado di scontornare quel “marchio” e ridefinirlo.

Quindi:

  1. Riconoscendo della famiglia le funzioni di perpetuazione del genere umano, perché al proprio interno é socialmente inserita la riproduzione biologica e/o la funzione di accudimento generale dei nuovi nati, con particolare riferimento al loro inserimento sociale,
  2. Riconoscendo l’importanza delle funzioni economiche di mutuo aiuto tra i membri della famiglia,
  3. Riconoscendo della stessa l’importantissima funzione di riproduzione/conservazione dei sistemi culturali in cui è inserita, cioè di perpetuazione delle relative forme d’esistenza sociale, mediante i processi di educazione/socializzazione ed economici svolti al proprio interno,
  4. Riconoscendo che le esperienze fondamentali di apprendimento, funzionali all’adattamento/integrazione sociale di ogni essere umano, avvengono in famiglia,

non possiamo che riconoscere la famiglia come elemento fondamentale della società.

Le strutture familiari e le dinamiche relazionali al loro interno sono uno specchio non solo dello status di una società, anche dei suoi cambiamenti.

La struttura delle famiglie si organizza in base alle esigenze sociali degli individui e si modifica per far fronte e adeguarsi ai loro cambiamenti.

Questi cambiamenti hanno origine nei domini economici dell’esistenza (intendendo con questi tutte le condizioni materiali dell’esistenza e le forme che le rendono possibili) e comprendono i cambiamenti culturali.

Ricapitolando, per quanto il cambiamento sociale, culturale ed economico possa caratterizzare l’evoluzione storica umana, nella stessa, riscontriamo sempre la valenza della famiglia (pur nella diversità delle sue forme) come unità di base del vivere sociale.

La particolare “valenza” familiare su cui qui vogliamo soffermarci è quella di cura e protezione di tutti i singoli individui che la compongono, principalmente nei loro momenti/fasi di debolezza personale.

Tale cura e protezione è una funzione indispensabile nei confronti dei bambini, perché in alcun modo questi possono provvedere autonomamente a loro stessi.

Quando una famiglia non offre la debita cura e protezione ai propri membri, o lo fa in modo disfunzionale, l’esistenza può entrare in una qualche forma di crisi, più o meno grave, che può essere risolta solo grazie al concorso di una qualche forma d’aiuto esterno.

La relazione di counseling rientra tra le possibilità d’aiuto cui i singoli, e le famiglie, possono rivolgersi, per meglio attraversare le proprie crisi esistenziali e risolverle.

Le dinamiche intrafamiliari rispecchiano l’umana evoluzione socio-culturale e i cambiamenti che vi si collegano.

I cambiamenti di atteggiamenti mentali e comportamentali all’interno delle famiglie riflettono quello che avviene nella società, principalmente in termini di adeguamento.

Spesso la famiglia agisce da funzione di compensazione e di riequilibrio dei disagi che il vivere sociale comporta; si pensi, ad esempio, al ruolo e alle funzioni di supporto che i legami familiari storicamente agiscono nella fenomenologia dei flussi migratori e/o di gestione di tutte le inefficienze delle funzioni pubbliche istituzionali (scuola, sanità, lavoro, assistenza sociale).

Specularmente, però, val la pena di riconoscere quanto, nelle nostre società contemporanee, vari istituti pubblici (in primis la scuola, la magistratura e i servizi sociali) sono chiamati a sopperire alle insufficienze della famiglia, circa le responsabilità che le sono proprie.

La famiglia è la struttura sociale deputata alla soddisfazione primaria di un bisogno primario: “il bisogno dell’altro”.

Man mano che cresciamo, grazie al contatto e alla relazione con l’altro, soddisfiamo i nostri due bisogni, interagenti, d’identificazione e di differenziazione (l’io esiste su questi due piani: per individuarmi ho bisogno sia di essere uguale agli altri, sia di essere diverso dagli altri).

Ogni struttura sociale concorre a soddisfare il bisogno dell’altro.

Il bisogno dell’altro è evidentemente connaturato all’esistenza umana e si collega ai due bisogni del ricevere e del dare (dall’altro ricevo, all’altro do).

Nasciamo posseduti dal bisogno di ricevere, crescendo incontriamo quello del dare.

Diventiamo maturi quando sappiamo stare in equilibrio dentro e fuori di noi con questi due bisogni, dei quali facciamo le prime e più importanti esperienze proprio in famiglia.

Le prime e più importanti tappe di ogni nostro processo di maturazione avvengono in famiglia (a tal proposito vedi, del presente manuale, tutti i capitoli della sezione “Nascita, crescita, autorealizzazione” dal cap. 7.1 al cap. 7.6).

A cosa serve dunque la famiglia?

  1. All’accudimento “sufficientemente buono”[1] dei singoli, particolarmente nell’età dello sviluppo.
  2. A soddisfare i bisogni di protezione, sicurezza e sostentamento materiale, di affetto, di intimità e di riconoscimento personale.
  3. A contenere la paura della solitudine e dell’isolamento.
  4. Alla costituzione di un proprio senso di appartenenza.
  5. Alla formazione delle basi morali e degli atteggiamenti mentali e comportamentali.
  6. A ricevere amore, ad amare e a prendersi cura degli altri.

Se in una famiglia “qualcosa va storto”, al punto che questa non funziona nei termini qui sopra schematizzati, usando una denominazione di ordine psicologico, individuiamo quella famiglia come “disfunzionale”.

L’essere cresciuto in una tale famiglia è sempre riscontrabile in soggetti caratterizzati da importanti:

In una famiglia disfunzionale, facilmente e oltremisura:

  1. Ci si sente soli (i nostri sforzi non sono corrisposti, né riconosciuti),
  2. I parenti ci ignorano o minimizzano le nostre emozioni (i problemi degli altri sono sempre più importanti dei nostri),
  3. Le relazioni con loro sembrano intense, ma sono superficiali,
  4. Ci sono forti pregiudizi su come ci si debba sentire e comportare (vi sono norme implicite da rispettare rigorosamente),
  5. Non sono ammesse vulnerabilità,
  6. Non si rispettano i confini e la privacy,
  7. La comunicazione verte su vincoli morali,
  8. Senso di colpa e vergogna sono strumenti motivazionali,
  9. Veniamo  ritenuti responsabili dei sentimenti/comportamenti altrui (è colpa tua se…),
  10. I ruoli son sempre rigidi, e così rimangono, nonostante le evoluzioni della vita.

CHIARAMENTE: la disfunzionalità di tali accadimenti è da considerarsi (e quindi, in qualche modo, da “aggiustare”) quando gli stessi sono dissonanti dai domini culturali in essere; esempio: la rigidità dei ruoli familiari, se rispecchia i valori, le idealità e l’organizzazione sociale in cui la famiglia vive, e i cui membri accettano, non produce effetti disfunzionali nell’esistenza di alcun membro di quella famiglia.

La famiglia è la struttura sociale che è alla base sia dell’ordine sociale esistente, sia della vita/esistenza di ogni persona.

Questo è riscontrato in tutte le analisi antropologiche, sociologiche e storiche riguardanti il genere umano.

La famiglia è una struttura di salvaguardia e conservazione culturale della società umana, che protegge gli individui dalle difficoltà che il vivere sociale comporta.

Anche per questo abbiamo bisogno di una famiglia (sana e funzionale!).

Il bisogno di famiglia è soddisfatto quando facciamo esperienza dell’utilità di una famiglia e di quanto sia piacevole e gratificante averla.

Una delle risposte più sane che un individuo, che non sia riuscito a soddisfare il proprio bisogno di famiglia, possa mettere in atto, è quella di farsela in proprio!

Da questo punto di vista, un tale individuo sarà sicuramente aiutato da una particolare visione della famiglia, che noi counselor instancabilmente promuoviamo:

“Ci piace un’idea di famiglia il cui legame sia l’amore; famiglia é dove c’è amore; di famiglia è chi ci ama; di famiglia è chi amiamo!”

In un’epoca storica contrassegnata dalla dispersione e dalla disgregazione sociale, qual è la nostra, ai nostri clienti noi counselor possiamo offrire un’esperienza relazionale in grado di soppiantare le disfunzioni più gravi che la loro famiglia d’origine possa aver proposto, facendo far loro esperienza di dinamiche esperienziali diametralmente opposte a quelle riassunte nell’elenco precedente; vediamole, punto per punto.

Nella relazione di counseling, i nostri clienti possono far esperienza del fatto che:

  1. È possibile fare le cose insieme e questo produce un meraviglioso senso di pienezza.
  2. I loro sforzi sono riconosciuti, apprezzati e corrisposti.
  3. A loro dedichiamo la massima attenzione e valorizziamo le loro emozioni.
  4. La nostra relazione con loro non è superficiale, è intensa.
  5. Diamo valore alle loro vulnerabilità.
  6. Rispettano i confini e la privacy.
  7. Non agiamo alcun ruolo rigido  e immutabile.
  8. Non abbiamo pregiudizi su come ci si debba sentire, ma diamo valore a come ci si sente.
  9. Non abbiamo aspettative rigide su come ci si debba comportare, ma ricerchiamo i modi più adeguati al loro benessere.
  10. Promuoviamo la valorizzazione della responsabilità soggettiva, circa i sentimenti/comportamenti individuali (non cerchiamo colpe, né le assegniamo ad alcuno).
  11. La nostra comunicazione è empatica e compassionevole.
  12. Rispettiamo solo norme esplicite, individuate per la loro buona funzionalità.
  13. Non sono gli altri a stabilire l’importanza dei problemi, nostri e altrui, ma come questi incidono nell’esistenza di chi ce li ha e come vengono affrontati da chi ce li ha, innanzitutto! (insomma se è più importante il mio o il tuo problema lo si decide insieme, fermo restando che ognuno è principalmente responsabile della soluzione dei propri problemi, non di quelli degli altri).
  14. Lavoriamo al superamento dei sensi di colpa e della vergogna, ciò che ci motiva é l’amore, il benessere, la felicità, il bisogno d’aiutare e di essere aiutati.

La funzionalità di una famiglia, ciò che in essa va bene  o non va bene, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che produce bene e ciò che produce male, è un valore mutabile nel tempo, secondo le condizioni sociali, geografiche e culturali correnti.

Quando noi counselor lavoriamo con i nostri clienti e ci ritroviamo a farlo affrontando casi in cui le dinamiche familiari occupano la scena, non possiamo non tenere conto di tale mutevolezza, valorizzandone la fenomenologia (vedi cap. 6.3, L’Anima Fenomenologica – Esistenzialista del Counseling.)

Proprio perché siamo ben consapevoli delle determinazioni culturali correnti, nel mondo contemporaneo cui partecipiamo, proponiamo quest’ultimo elenco, di 14 punti, come quadro di riferimento di ciò che i membri di una famiglia “funzionale” farebbero bene a sforzarsi di far accadere.

La famiglia è un universo concettuale/esistenziale molto complesso e complicato, di difficile piena comprensione.

Ci aiuterà, allora, andare/ritornare, più volte, su questo e sugli altri capitoli, che in questo manuale sono dedicati a “La natura sociale dell’esistenza umana e le sue forme”, i capitoli:


[1] Vedi D. Winnicot, a proposito del concetto di “madre sufficientemente buona”, in “I bambini e le loro madri”, Cortina, 1987

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