Pagine di diario. Continua la formazione IN Counseling.

Dalle pagine di diario  di Fiorella, frammenti di formazione dalla Scuola IN Counseling Torino.

Atto 1°: “FUORI  DALL’ INCUBO,  IN CONTATTO CON LA VITA”.

sogni.14Oggi iniziamo con un esercizio di ascolto e contatto con se stessi.

Ognuno di noi riporta le questioni che vorrebbe condividere con gli altri; per me, tutto si riassume in 3 parole chiave:

1.      Mania (di perfezionismo e controllo), che riflette il mio non accontentarmi, il mio volere tutto e subito;

2.      Incubi, che colorano le mie notti ultimamente.

3.      Imbarazzo nel sostenere lo sguardo degli altri durante l’esercizio di ascolto.

Gli altri compagni riportano argomenti che mi risuonano:

il perfezionismo riportato da Edoardo, il cambiamento riportato da Luigina.

Mi stupisce l’idea paradossale che “ per poter cambiare le cose, il primo passo è accettarle”.

Non ci avevo mai pensato.

Effettivamente è necessario stare in ascolto e stare con quello che c’è….

Ma spesso evitiamo certe situazioni, evitiamo il contatto; mi accorgo che a me succede spesso.

Ad esempio, quando fantastico un futuro migliore, che realizzo solo su un piano mentale e immaginario.

Su quanto riportato da Emanuela si sviluppa una riflessione sull’egotismo, sul fare molte cose senza godersi la fatica, e mi sorprendo nel scoprire che devo prendermi il tempo per godermi le piccole vittorie.

La mattinata si apre con la presentazione e il riassunto agli assenti di ieri di quanto condiviso il giorno precedente.

Si riprende il bisogno di cambiamento riportato da Luigina.

Mi stupisce la frase di Aristotele, citata da Domenico: “siamo quello che facciamo”.

… eh sì, il fare, uno dei tre piani fondanti ogni tipo di esperienza e di contatto con la realtà!

Ampio spazio viene dedicato alle dinamiche di evitamento riportate da Rino, e mi chiedo:

“quando sfuggiamo il contatto con la realtà, di fatto cosa evitiamo?”

Ampio spazio viene dedicato agli incubi, partendo dalla definizione del sogno secondo la concezione gestaltica, ascoltodove un sogno rappresenta il modo per risolvere sul piano simbolico un ciclo di bisogni, richiamando su questo aspetto l’attenzione della coscienza.

Racconto un mio incubo, un sogno che ho fatto tempo fa, che con gli altri incubi ha in comune il fatto che c’è sempre qualcuno che vuole uccidermi.

Viene fuori dai miei sogni, la mia paura di morire, una Fiorella schiacciata tra il bisogno di vivere e la paura di morire.

Quello che mi inquieta è il pensare che ci sia una componente psicosomatica nella malattia che ho incontrato nel mio cammino, che l’ammalarmi possa dipendere della mia paura, che sia un modo per dimostrare una forza vitale ma anche un modo per eliminare la paura di morire.

Mi paralizza la provocazione di Domenico:

          “Qual è il modo più certo per non avere più paura di morire?”

          “Morire. Da morta non posso più avere paura di morire”.

Questa provocazione prima mi paralizza, poi mi mette in contatto con la mia voglia di vivere, con il mio bisogno di vivere e con quanto stare in contatto con questo mi commuova!

Condivido con i miei compagni la mia esperienza di malattia, la mia paura del futuro, per un attimo mi viene da piangere nel ripensarmi, in quel tempo che non osavo immaginare di poter andare a vedere un film che sarebbe uscito 2 anni dopo.

Ora quel film sono andata a vederlo… sento il bisogno di interrompere questo circolo vizioso, mi dico devo, anzi voglio essere positiva, voglio vedere la vita in maniera diversa e bermi quella metà bottiglia di birra rimasta nel frigo ( riprendo l’esempio citato in aula) e non pensare all’altra metà che non c’è più … cin cin!totò2

A termine di questo week end di formazione sono agitata e a disagio, mi sento ancora molto scossa per quello che è emerso, non vedo l’ora di uscire per guidare e stare con me stessa.

Atto 2°: “A CIASCUNO IL SUO”.

La serata inizia con l’esercizio di concentrarci su quanto ci infastidisce e stare con questo sentimento.

Claudia riporta un senso di fastidio, di rifiuto del suo corpo, argomento che mi risuona fortemente.

Mi rendo conto che in questo periodo di grande insoddisfazione, perché al lavoro le cose non vanno come vorrei, perché vorrei avere più tempo per fare cose utili per me, perché vorrei dedicare più tempo alle cose che mi piacciono, sento che tendo a placare la mia insoddisfazione e a consolarmi con il cibo, che mi dà un senso di benessere.

Mi sento grassa e non mi piaccio perché cedo a queste debolezze.

Ma la novità è che mi dico “ non finisce il cielo” ( come direbbe Mia Martini).

Anche se sono più grassa, mi rimetterò in forma, poi magari ringrasserò , poi farò più palestra…

Anna invece condivide con noi il suo rapporto conflittuale con sua madre.

Percepisco il suo senso di colpa per il suo bisogno di tenere lontana sua mamma, per averla delusa, nonostante la sua voglia, inespressa, di starle vicino, di ripristinare quella vicinanza che ha caratterizzato la sua infanzia.

Questo argomento mi ha molto toccato e commosso.

Sono consapevole che quando si parla della figura materna sono molto sensibile .

Mi ha commosso quando ricordava sua mamma da giovane, come la vedeva lei da bambina, questo mi ha suscitato un senso di smarrimento immedesimandomi nei suoi panni e realizzando che le cose cambiano.

father1Mi ha commosso Domenico quando parlava di suo padre, che fa i conti con gli acciacchi della sua età.

Mi sono immedesimata in lui e ho sentito la desolazione nel vedere un genitore invecchiare, immaginando che questo proseguirà fino a quando si spegnerà.

Egoisticamente, mi rimane lo smarrimento di dire “tu non ci sei più, non ci sei più a contenermi”.

Forse ha ragione Domenico quando dice che ciò che gli dà coraggio è il riconoscere di essere padre di se stesso e di altri, e in questo modo si diventa quella figura che i nostri genitori hanno rappresentato per noi.

È arrivato poi il turno di Luigina,  ci ha portato la sua difficoltà a imporre la propria volontà.

È questo un  tema che sento mio, infatti la figura di bambina che non vuole disturbare, che le ho attribuito, sento che rappresenta molto del mio vissuto.

Domenico ci fa “provare il gusto” di dire, assertivamente, a voce alta: “oggi si fa come dico io”.

Mi sento incuriosita.

Il feedback di fine incontro che porto è quello di sentirmi riattivata, più in contatto.

Realizzo che quando non partecipo ai momenti di formazione , tendo a spegnermi, a entrare in stand by evitando di stare in contatto con me stessa.

A fine serata sono in contatto, sto con me stessa, e con questo sentire intravedo un domani e lo saluto con la curiosità di dire domani chissà cosa succederà, stiamo a vedere.

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