PILLOLE DI FORMAZIONE IN COUNSELING.
Prosegue la selezione-pubblicazione di estratti di pagine tratti dai “Diari di bordo” degli allievi della Scuola IN Counseling di Torino.
Il “diario di bordo” dei nostri allievi è la registrazione della loro esperienza di formazione IN Counseling, da loro stessi effettuata.
In questo articolo, presentiamo le “massime” che Angelo Schifano ha elaborato e trascritto sul suo diario di bordo a mo’ di chiose della propria esperienza formativa IN Counseling:
- L’inaspettato mi sorprende.
- IMMAGINARE in luogo di capire
- IMMAGINARE mette in atto un processo di comprensione ANALOGICO.
- L’analogia è un pensiero verticale che mette in evidenza la simultaneità di fenomeni che si attuano su piani diversi.
- L’intuizione è la capacità di percepire l’essenza delle cose.
- Ogni volta che voglio qualcosa che non è disponibile per tutti, devo entrare in COMPETIZIONE e quindi in CONFLITTO.
- Qualunque cosa fatta è fatta per opera di una VOLONTA’.
- Gesticolo per sopperire alle parole che mi mancano per raccontarmi.
- Contattare la mia tristezza
- Ho l’impressione di decidere a priori e razionalmente che emozione provo e poi tento di sentirla come sensazione. E’ come se decidessi prima che ad una tale situazione io devo provare un sentimento particolare. Quindi la vado a “sentire”. Mi sembra un procedimento invertito
- PESSIMISMO e OTTIMISMO sono aspetti del mio carattere ma nessuno dei due è IL MIO CARATTERE.
- La mia parte ONNIPOTENTE non accetta di sbagliare.
- Scelgo la mia parte PESSIMISTA per non correre il rischio di sbagliare.
- La mia parte pessimista protegge il mio essere onnipotente?
- Mi LAMENTO, così come fanno i bambini, perché voglio che sia l’altro a risolvere un mio problema. Quando mi muovo alla ricerca di una soluzione presento le mie istanze, il mio bisogno e una o più possibili risoluzioni. Sono propositivo e non mi lamento.
- SENTIRE è una funzione diversa dal PENSARE
- Distinguere il sentire dal pensare è condizione fondamentale della CONSAPEVOLEZZA
- Il sentire mi permette di riconoscere i miei BISOGNI
- Il pensare mi permette di organizzarmi per soddisfare al meglio i miei BISOGNI
- IL CAMBIAMENTO è alla base della crescita. CRESCERE VUOL DIRE CAMBIARE.
- IO NON SONO RESPONSABILE DELLE MIE EMOZIONI MA SONO RESPONSABILE DELLA LORO GESTIONE
- Impotenza sento una contrazione allo stomaco.
- La paura non si presenta mai da sola. Sono io che la riconosco come unica perché è un’emozione potente alla quale reagisco fuggendo dalla situazione. Se “resto” in ascolto scoprirò altre emozioni sulle quali posso contare per risolvere il conflitto in corso.
- Nell’esercizio di contatto: ho paura che l’altro mi rifiuti e quindi sto a distanza e non mi metto in gioco. Se riconosco, oltre alla paura di essere rifiutato, la mia curiosità, il desiderio di conoscere l’altro, posso fare leva su questo mio bisogno per uscire dal mio isolamento e, con le dovute precauzioni, avvicinarmi all’altro (soddisfare il mio bisogno).
- Posso essere accogliente pur mantenendo la distanza.
- Confine = dove finiscono i miei pensieri e iniziano i pensieri dell’altro.
- Quando penso che “l’altro” sta pensando (giudicando) o può pensare (giudicare) qualcosa rispetto una mia azione è fondamentale che io mi chieda “che cosa penso io riguardo il pensiero che attribuisco all’altro?”
- Con questa operazione mi prendo la responsabilità del mio pensiero e non lo proietto all’esterno.
- Posso insegnare solo ciò che so fare.
- Per stare bene in una relazione è necessario che il bene riguardi entrambi.
- Scelgo le parole con cui mi esprimo.
- Le parole sono fondamentali per entrare nel merito della questione quindi devono essere appropriate.
- Quello che non emerge è ciò che evito, ciò da cui fuggo.
- La comunicazione è tanto più efficace quanto più è onesta e chiara.
- È fondamentale definire la cosa che mi fa paura in modo da non restare intrappolato in una situazione di vago catastrofismo.
- Mi domando: “Qual è la peggior cosa che mi può accadere?”
- L’io è collegato al tempo.
- Non posso stare contemporaneamente in uno stato d’ansia e di fiducia.
- Differenza tra COMMOZIONE e DISPIACERE.
- Guardo Diego, mio figlio, che scorazza su e giù nel verde del prato assieme a Francesco. Mi commuovo, provo gioia, sento le lacrime affiorare agli occhi nel vederlo libero di muoversi. Provo dispiacere per me perché non mi permetto di muovermi liberamente come lui.
- So stare in contatto con ciò che non mi piace?
- È scorretto escludere che un’immagine, un parere a me sgradevole sia portatrice di buone indicazioni.
- La narrazione è uno strumento perfetto per dare un senso agli eventi che accadono.
- Ciò che non sento non è detto che non ci sia
- “Stare” mi permette di riconoscere le “cose” che ci sono nel campo e che non sto utilizzando.
- Ci sono molte più cose di quelle che io sento.
- Scoprendo il mio “sentire” attivo un processo.
- Riconoscere all’altro la libertà di non darmi ciò che io chiedo è un antidoto contro la frustrazione.
- La “consapevolezza” è il trampolino di lancio per la “responsabilità”.
- Se non riesco a trasformare la mia rabbia in energia è probabile che la rabbia sia, in questo caso, uno schermo che nasconde la vera emozione che sta agendo.
- Io non posso eliminare la paura ma posso gestirla per non rimanerne vittima.
- Non sono fatto per “fare tutto” ma per “fare alcune cose”. Questo è naturale.
- Io scelgo cosa voglio e posso fare.
- Se vedo chiaramente “cosa faccio” mi chiedo: – Mi piace o non mi piace? – A cosa mi serve?
- L’eccitazione è necessaria a sostenere lo sforzo per soddisfare il bisogno. E’ energia allo stato puro.
- Per andare via dalla tristezza devo prima starci con la tristezza.
- Le parole che utilizzo nel raccontarmi mi rappresentano
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… vedo una lunga strada, un sentiero. Ai lati della strada i campi ed in fondo, quasi all’orizzonte, il mare. Lungo quel sentiero scorgo una figura che avanza con passo certo. A vedere quell’uomo, osservando il suo passo, la sua postrua, penso che quella debba essere proprio la sua strada. La percorre affrontando e superando ogni ostacolo: quelli propri del sentiero, alcuni imposti da lui stesso, altri ancora, forse, messi lì da altri … e tra un ostacolo e l’altro vedo che si china a raccogliere qualcosa. Chissà perchè, ma penso si tratti di qualcosa che a lui da gioia, forse qualcosa che serve a proseguire il suo cammino, a nutrire le sue speranze. E ne raccoglie più che può. Mi chiedo se sia solo per lui o anche per altri, magari un figlio, per le persone a cui vuole bene, per quelli che magari incontra lungo questo sentiero. Ogni tanto si ferma, forse perchè stanco, ma osservandolo a lungo mi sembra di vederlo camminare incurante della fatica e della stanchezza. Adesso si ferma guardando i campi e l’orizzonte innanzi a lui ed è proprio in quel momento che voltandosi dalla mia parte scorgo il suo volto. Solo adesso mi accorgo che è mio fratello. Allora lo chiamo pensando di chiedergli di venire sulla mia strada, ma forse siamo troppo lontani, forse la mia voce non è abbastanza forte … si volta ancora e adesso mi vede. Lo guardo interrogativo, riesco appena a vedere il suo sorriso, sembra proprio rivolto a me. Mi guarda, alza un braccio, mi saluta e riprende il suo cammino … Anch’io riprendo il mio … è solo un attimo di tristezza al quale sussegue un senso di felicità e penso “quella è la sua strada”. Io, dalla mia, lo posso vedere, e lui può vedere me e credo che entrambi andiamo verso lo stesso posto. E lì lo incontrerò, ci incontreremo!
Ciao, al prossimo incontro di sorrisi.
Non sono d’accordo con “Posso insegnare solo ciò che so fare”, in campo psicologico.
Mi ritrovo di più con quello che mi disse un caro amico in un lontano passato: insegnamo ciò che abbiamo più bisogno di imparare.
Decisamente un fantasticopost. Spulcio con entusiasmo il blog https://www.scuolacounselingtorino.it. Continuate così.
approfondimento molto d’attualità